Lavorare per vivere o vivere per lavorare? Nessuna delle due, grazie.

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Ho più volte detto che l’economia ha tradito sé stessa.

La disciplina economica com’è comunemente divulgata e studiata oggi, ha fallito.

Perché parte dall’assunto di omogeneità dei sistemi motivazionali delle persone.

L’economia per come ci è stata insegnata parte dal presupposto che le motivazioni delle persone siano tutte uguali.

Considera come se tutti ci comportassimo come un perfetto homo economicus, mentre esclude a priori tutti quei fattori che invece sono tipici della realtà delle persone, soprattutto degli aspetti psicologici.

Non è difficile da comprendere visto che nei momenti di maggiore crisi, proprio coloro che sarebbero dovuti intervenire prontamente per correggere e rimediare si sono trovati a navigare nel buio senza alcuna guida di carattere scientifico.

L’economia non è affatto una scienza esatta

Ecco il primo inghippo dove ci siamo incastrati.

Siamo abituati a sentir parlare gli economisti come scienziati. Come se fossero detentori di una scienza esatta.

Ma la realtà è che l’economia non è una scienza esatta, ma una scienza sociale e pertanto inesatta.

In quanto scienza inesatta si è dimenticata della giustizia sociale.

E con l’economia ce la siamo dimenticati tutti.

Sta diventando sempre più difficile rimetterla in campo.

Le uniche frecce ancora disponibili per il nostro arco sono le scelte individuali.

Scelte che non dovrebbero prevedere né il lavorare per vivere, né tantomeno il vivere per lavorare.

Ma vivere e lavorare responsabilmente come di esperienza attualizzante naturale; un’esperienza autorealizzativa ed autodeterminata.

Il lavoro, prima ancora di essere un diritto, è soprattutto un bisogno insopprimibile della persona.

Il bisogno del fare è radicato in una persona a prescindere dal contesto sociale, a prescindere dal denaro, a prescindere dal sistema economico.

Ogni individuo avverte un bisogno viscerale nel voler intervenire sui processi naturali per trasformare ed evolvere la realtà di cui è parte, e lo fa edificare sé stesso.

L’uomo potrebbe vivere senza lavorare.

Parliamoci chiaro, non è che il lavoro sia la forza che plasma la natura e l’immagine dell’uomo e non è nemmeno un elemento essenziale per la sua sopravvivenza e per la sua educazione.

L’uomo potrebbe probabilmente vivere senza lavorare.

Ma sono fortemente convinto che qualsiasi comportamento debba portare al senso di compimento.

E che quel compimento non può essere perseguito in un senso meramente economico.

Benché sia impossibile vivere oggi senza un’economia di mercato, questo non implica affatto sposare la via della profittabilità economica come unica soluzione possibile.

Rimane inteso che siamo in un sistema capitalistico dove lo scambio di mercato è necessario, ma bisogna capire che il mercato deve avere come oggetto cose, non le persone nella loro singolarità.

Il principio dello scambio di valore NON deve essere l’unico principio a regolare tutti i tipi di relazioni.

Il mercato può essere visto con l’occhio dell’artista, ovvero, letteralmente di chi persegue la virtù, non solo con l’avido cercatore di rendite.

Non assecondare la vita fast, uscire dalla logica del consumatore / lavoratore ed entrare nella logica del “cittadino”.

Un umano intelligente non può accettare che questo accada.

Proviamo un po’ alla volta ad uscire dalla logica del consumatore/lavoratore ed entrare in quella di cittadino.

Qui non è più una crisi economica, ma una crisi di civiltà.

Non la risolveremo di certo abbracciando atteggiamenti distopici, ma con scelte individuali coraggiose, voltando le spalle a tutto ciò che è FAST, evanescente, che non torna indietro e non crea valore a lungo termine.

Il rischio è serio, ed è il collasso del sistema, dove il capitalismo, sta diventando più capitalistico di quanto sia davvero utile.

Basti pensare solo ai nostri distretti di piccole e medie imprese e alle libere professioni, il sistema che doveva promuovere il libero mercato, nei fatti, e nella realtà lo sta negando.

E forse sta iniziando a negare anche la libertà di autodeterminarsi.

Un “crimine” (!?), che possiamo affrontare solo con le scelte.

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Dott. Davide Etzi

Psicologo, Psicoeconomista, Executive Coach e Terapeuta  [www.davideetzi.it]

Consulente in management e sviluppo delle Persone nelle Organizzazioni [www.humanev.com]

Milano, Piazza Belgioioso 2

Roma, Via Anastasio II, 80

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